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2019. 840milioni di persone non hanno alcun accesso all'energia

Di Rosa González – CFO e BDM Audax Renovables

Energia sempre a disposizione, in qualsiasi momento o contesto: in pochi metterebbero in discussione questa affermazione. Per noi infilare una spina nella presa di corrente, pigiare un interruttore, girare la manopola del gas non sono altro che gesti quotidiani e automatici a cui non viene dato particolare significato. Non a caso, la maggior parte delle nostre giornate incominciano con una luce che si accende ed una che si spegne. Siamo abituati e non proviamo meraviglia quando la lampadina illumina la stanza, lo smartphone si ricarica o l’acqua si riscalda. Diamo per scontato che l’energia sia lì, sempre a nostra disposizione; piuttosto ci sorprendiamo – e ci irritiamo – del contrario, e cioè se non accade: i black-out, in particolare se di una certa portata, non smettono di destare preoccupazione e fare notizia.

Ma ciò che per noi è normalità, non lo è per 840 milioni di persone nel mondo, ovvero per coloro che, attualmente, non hanno alcun accesso a forme di energia moderna, continuata e sicura.

Le ricadute negative di una vita senza energia sia sull’esistenza dei singoli sia su quella delle nazioni sono molteplici, pesanti e riguardano tutti gli ambiti: sanitario, educativo, economico, sociale. È l’energia – come ritrovamento e utilizzo di fonti energetiche più performanti, disponibili e abbondanti – che ha portato alle grandi rivoluzioni nella storia dell’umanità. Dalla scoperta del fuoco in poi.

Questo è quanto emerge dall’Energy Progress Report 2019, lo studio promosso da International Energy Agency-IEA, International Renewable Energy Agency-IRENA, United Nations statistics division (Unsd), Banca Mondiale e Organizzazione Mondiale della Sanità-OMS, che annualmente fotografano la situazione del cosiddetto “accesso all’energia” nel mondo. Questo è l’obiettivo numero 7 dei 17 stabiliti in sede di Nazioni Unite; i Sustainable Development Goals (SDG) o Obiettivi di Sviluppo Sostenibile hanno come orizzonte temporale il 2030.

Ma com’è la situazione ad oggi, 2019? I dati del report evidenziano come negli ultimi anni vi sia stato un miglioramento, con la sensibile diminuzione di persone prive di energia elettrica: dall’1,2 miliardi del 2000, al miliardo del 2010, fino agli 840 milioni di oggi.

Questa tendenza positiva, ha portato a una crescita del tasso di elettrificazione mondiale fino all’89%, dall’83% del 2010. Un risultato visibile in certe aree dell’America Latina, dei Caraibi o del Sudest asiatico che in tempi non remoti erano male o poco servite e oggi vantano percentuali intorno al 98%. Più basso ma comunque importante è l’obiettivo raggiunto dalle nazioni dell’Asia del Centro e del Sud, con il 91%. In special modo a beneficiare di questi progressi sono state nazioni come India, Bangladesh e Myanmar.

Esclusa invece da questo avanzamento è – Kenya a parte – l’Africa subsahariana.  Sono circa 573 milioni gli africani che abitano nei territori sotto il grande deserto a essere ancora “al buio”, privi di qualsiasi tipo di accesso all’energia elettrica e dunque in una condizione di fortemente penalizzante. In questa vasta area del continente africano si trovano i 20 Paesi con la più bassa percentuale di popolazione con accesso all’energia elettrica, tra questi fanalini di coda il Burundi, il Chad, il Malawi, la Repubblica Democratica del Congo e il Niger.

Un altro elemento di differenziazione riguarda città e campagne. Se nelle prime la quasi totalità della popolazione ha accesso all’elettricità (97%), è nelle seconde che si hanno i maggiori problemi con una percentuale che si aggira intorno al 79%.

In ogni caso, al di là dei miglioramenti registrati è necessario continuare a fare progressi. E non solo per quegli 840milioni di individui che – come si dice – sono ancora off grid, ma anche per coloro che hanno avuto l’opportunità di collegarsi alla rete. Per costoro infatti l’approvvigionamento di energia elettrica ha caratteristiche ben diverse da quelle che sperimentiamo quotidianamente e cioè sicura – ma soprattutto – continua e sostenibile dal punto di vista economico. Nel 2017, un terzo dei Paesi con problemi di accesso all’energia ha dovuto affrontare più di un'interruzione settimanale di elettricità della durata di oltre quattro minuti. Inoltre, nella metà di queste nazioni, considerando un livello base del consumo di elettricità pari a 30 kilowattora al mese, il prezzo da pagare per la fornitura è risultato insostenibile per ben il 40% delle famiglie.

Grafico 1. Quota di popolazione con accesso a energia elettrica

(fonte: Banca Mondiale)

Un altro versante di questa povertà energetica è rappresentato dal mancato accesso a un sistema di cottura dei cibi sicuro e salubre. Kerosene, biomasse (legname soprattutto), carbone: ad oggi vi sono circa 3 miliardi di persone che per cucinare – ma ciò vale anche per riscaldarsi e illuminare gli ambienti – usano combustibili nocivi tanto per la salute come per l’ambiente. Accade soprattutto nelle regioni dell’Africa subsahariana e del Sudest asiatico, con India e Cina in testa per quote di popolazione escluse da sistemi di cucina moderni o “clean cooking” (rispettivamente 25% e 20%). Guardando al continente africano, meno del 5% degli abitanti di nazioni quali Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Madagascar, Mozambico, Uganda e Tanzania ha la possibilità di usare energia pulita quando prepara i pasti.

Le implicazioni e gli impatti negativi sono molteplici e riguardano in primo luogo la salute: respirare quotidianamente fumi e vapori generati da biomasse o combustibili fossili, magari prodotti in ambienti mal areati, è un alto fattore di rischio per l’insorgenza di diverse e gravi patologie; a questo proposito vi sono categorie più esposte quali le donne e i bambini, più frequentemente a casa rispetto agli uomini.

Inoltre, l’utilizzo di fiamme libere in locali privi di sicurezza è pericoloso per il possibile verificarsi di incendi o di gravi incidenti domestici. Come se non bastasse, il mancato accesso a sistemi efficienti e moderni, porta con sé ulteriori elementi in grado di abbassare la qualità della vita di molte di queste persone, come è la fatica derivante dalla ricerca e dal trasporto giornalieri di materiali da bruciare, che siano legname o altro.

Per finire con i risvolti negativi che comportamenti del genere hanno sull’ambiente: in primis deforestazione e inquinamento dell’aria.

Grafico 2. Quota di popolazione con accesso a combustibili e tecnologie pulite

(fonte: OMS)

Cosa ci aspetta nei prossimi decenni? Le proiezioni al 2030 mostrano un ulteriore – ma purtroppo non decisivo – miglioramento, con oltre 650milioni di persone ancora off-grid e senza accesso all’energia; di esse, 9 su 10, abiteranno nel continente africano, nelle regioni subsahariane.

Analogo discorso può essere fatto per la questione del “clean cooking”: un avanzamento non decisivo per risolvere il problema. La stima dell’IEA al 2030 è di 2,2miliardi di persone ancora vincolate all’utilizzo di combustibili inquinanti e nocivi.

Fonte: IEA, IRENA, Banca Mondiale, OMS, UNSD 2019

Oggi progetti di varia entità e forza di penetrazione, realizzati da organismi privati e pubblici – più o meno grandi – hanno come obiettivo di portare energia là dove non c’è. L’innovazione tecnologica aiuta, specie per quelle zone remote e rurali dove la rete difficilmente arriverà: dispositivi a energia solare e mini-grid sono indispensabili per “togliere dal buio” intere comunità, migliorare la qualità della vita e stimolare la crescita economico-sociale.

A lungo termine, invece, la soluzione migliore va ricercata nello sviluppo di un sistema energetico che privilegi l’utilizzo di fonti pulite e rinnovabili. Questa è la sfida da vincere.

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