Audax Energia: Spagna, Catalogna e molta Italia
D. Ing. Calabretta, è passato un anno da quando è stato nominato Country Manager di Audax Italia. Qual è il bilancio di questi 12 mesi?
È superfluo dire che è stato un anno intenso e avvincente, ricco di sfide. Fornire luce e gas a oltre 55mila utenti, cioè a famiglie e imprese italiane è una responsabilità e al contempo una fonte di soddisfazione. L’energia è sempre più presente nei differenti ambiti della nostra vita – privata, sociale, professionale – e sapere di essere attori della commercializzazione ci rende molto orgogliosi. Oltre che particolarmente attenti, consci che ogni nostra azione deve essere indirizzata a garantire un servizio sicuro, puntuale e conveniente.
D. Audax Italia è cresciuta in modo a dir poco vertiginoso…
Sì, senza dubbio. I dati illustrano bene questa curva di sviluppo: dai 5milioni di euro di fatturato del 2015 siamo passati ai 65milioni del 2017. Nel mezzo un balzo di 60milioni. Nel 2018 la crescita è continuata anche se non allo stesso ritmo.
D. Oltre alla legittima soddisfazione e alla difficoltà nel proseguire al ritmo di queste percentuali, immaginiamo che un incremento di tal genere abbia avuto delle ripercussioni sulla vostra attività.
Soprattutto ha messo in evidenza come la struttura organizzativa della neonata filiale italiana fosse inadeguata alla crescita esponenziale. Una situazione piuttosto comune quando si è di fronte a performance di questo tipo, in cui i risultati ottenuti vanno oltre le aspettative e superano per velocità la possibilità e i tempi di adeguamento.
D. Ciò significa un rallentamento programmato?
Più che di rallentamento programmato io parlerei del 2018 come di un periodo dedicato al potenziamento e al consolidamento della struttura in tutte le sue componenti. L’obiettivo è duplice: mantenere e aumentare i risultati ottenuti, in termini di clienti e cercare di ridefinire i processi in maniera da facilitare i flussi di lavoro all’interno e – soprattutto – migliorare i servizi all’esterno. Solo così è possibile gettare le basi per una crescita sostenuta ma armonica, senza scossoni eccessivi e dunque concepita per durare nel tempo.
D. Su quali ambiti siete intervenuti??
Sui sistemi di fatturazione e di contabilità, sull’organizzazione dei compiti e dei ruoli in azienda, e sull’organico, assumendo anche professionalità più formate rispetto all’inizio dell’avventura italiana. Ma soprattutto abbiamo avviato un’importante trasformazione del sistema di attenzione al cliente e del back office, in modo da efficientarne i processi e aumentare quantità e qualità dei servizi.
Eravamo consci che l’attenzione al cliente fosse un area sulla quale intervenire in modo convinto e prioritario. E non solo per una questione di mera reputation, ma di reali capacità – direi competenze – di offrire un servizio efficiente a 360 gradi; nel concreto significa dare risposte in maniera tempestiva e utile, risolvere le problematiche e soddisfare le richieste del cliente, far sentire la nostra utenza contenta della scelta e dunque meno propensa a cercare altre offerte presso i nostri concorrenti.
D. Guardiamo all’attualità. L’Autorità per l’energia ha deciso di far slittare di un anno, cioè a luglio 2020, la fine del mercato tutelato. Cosa cambia per Audax?
Audax Italia sarebbe stata pronta ad affrontare le sfide poste da un mercato completamente liberalizzato già l’anno prossimo. Lo slittamento di data, com’è naturale, consente di aver a disposizione più tempo per portare a termine la nostra opera di riassetto interno e sviluppo di nuovi e più avanzati servizi e prodotti.
D. Ancora due anni in attesa della piena liberalizzazione, dunque…
Il rammarico è per i consumatori che dovranno aspettare ancora due anni circa prima di accedere ad offerte più vantaggiose frutto di una concorrenza finalmente reale. Infatti, mentre il mercato business è quasi interamente liberalizzato, resta un’importante fetta di utenti domestici, circa 20 milioni, sotto il mercato tutelato.
La composizione del mercato energetico italiano è nota. Pochissimi grossi player o venditori in grado di determinare le scelte e gli indirizzi dello stesso e una serie di medie e piccole aziende che cercano di aumentare il proprio parco clienti. La presenza poi di un mercato tutelato e di uno liberalizzato, con situazioni quasi monopolistiche nel primo è un problema per lo sviluppo di alternative.
Un altro elemento è la volatilità della clientela, determinata in gran parte dalla possibilità di passare – con estrema facilità e in tempi brevi – da una venditore all’altro, senza o quasi conseguenze. In Spagna, dove la legislazione è differente ma la liberalizzazione esiste dalla fine degli anni Novanta, questo fenomeno non avviene nelle forme massive e repentine dell’Italia.
D. Cosa significa far parte di un Gruppo come Audax?
Vuol dire essere parte di una company al contempo spagnola e catalana, recente per nascita ma solida per risorse e struttura, internazionale e articolata, ma flessibile e dinamica, vocata all’innovazione e alla progettualità. Una società in cui la spinta per l’espansione e la crescita si armonizza con una gestione capace e che dal 2010 è riuscita nell’obiettivo di crescere ininterrottamente fino a sfondare il tetto del miliardo di euro di fatturato; generando valore economico e posti di lavoro per circa 2mila persone. Vendita di energia ma non solo: anche produzione da fotovoltaico ed eolico grazie ai parchi costruiti in Europa e in America Centrale e una molteplicità di servizi correlati.
L’impronta del fondatore e CEO José Elias è evidente. Giovane e dinamico, è un self made man nell’accezione più autentica, in grado di creare nel giro di pochi anni un gruppo internazionale in continua crescita, con la sua capacità di cogliere le occasioni, di non perdere l’attimo e creare valore in un tempo breve.
D. Sono passati quattro anni dall’apertura degli uffici italiani. Quanto è stretto il legame con la Spagna?
Il rapporto di Audax Gruppo e le diverse realtà nazionali non segue sempre le stesse regole.
Dipende in primis dal tipo di accordi e circostanze che hanno portato all’apertura di una filiale in un dato Paese. In Olanda, per esempio, dove l’entrata nel mercato è avvenuta a seguito dell’acquisizione di una società di una certa rilevanza, il grado di autonomia con la Spagna è più ampio. In altre realtà, come quella portoghese, vi è una gestione più diretta da parte della Casa madre, considerando la vicinanza non solo geografica ma anche l’affinità normativa e commerciale fra i due Paesi iberici.
In Italia, fino al 2017, fatturazione e contabilità erano geograficamente “lontane”: la prima era gestita qui in Italia, mentre la seconda in Spagna. Ora invece sono state riunite in un unico ufficio italiano. Così come l’offerta commerciale e la sua definizione avvengono in Italia con condivisione – è superfluo menzionarlo – con i vertici del Gruppo.
Ugualmente i sistemi gestionali e l’ufficio competente per la gestione gas, un tempo situati in Catalogna sono stati trasferiti fra Milano. Passo dopo passo, con la ristrutturazione dell’organigramma aziendale in atto, vi è un parziale trasferimento di competenze.
D. Verso l’indipendenza, dunque?
No. Questo non né un desiderio nascosto né un obiettivo strategico. Il legame esiste ed è imprescindibile. Significa piuttosto arrivare a una autonomia funzionale, a un miglior sviluppo del lavoro e delle attività in particolare per i processi che coinvolgono questioni “locali”. E intendo dire legate al Paese in cui si opera. In Spagna restano funzioni di programmazione, controllo che è opportuno vengano gestite dal Gruppo, con tutto il suo peso e prestigio. Uno fra tutti riguarda quegli accordi ad alto livello per l’acquisto dell’energia elettrica e del gas per i quali si possono prevedere anche sinergie a livello di gruppo.
Ugualmente dicasi per la parte di tesoreria e di accordi con istituti di credito, gestiti in gran parte da Barcellona.
D. Un desiderio che vorrebbe realizzare?
Più che un desiderio un progetto al quale stiamo lavorando. Produrre energia da fonte rinnovabile qui in Italia da poter eventualmente vendere e offrire ai nostri clienti. D’altra parte, la Casa Madre ci dà l’esempio: in Spagna oltre il 35% dell’energia commercializzata da Audax deriva da fonte rinnovabile e l’obiettivo al 2020 è arrivare a superare quota 60%. La via italiana per costruire parchi eolici e fotovoltaici è tuttavia più accidentata di quella iberica. Ricordo che il decreto FER è da lungo tempo in fase di analisi e discussione.