INVESTIRE IN RINNOVABILI. IL FUTURO PARTE DA QUI (E DAI PRIVATI)
Di Francesco CALABRETTA
Cluster Leader Italy and Hungary Audax Renewables
Lo sappiamo. Se si vuole che la Transizione energetica parta sul serio è fondamentale che le risorse e gli investimenti pubblici ma soprattutto quelli dei privati credano nelle rinnovabili e nella loro espansione. E che si vada a comporre un quadro normativo il più possibile condiviso a livello globale che favorisca il finanziamento di progetti per la generazione di energia pulita.
La Conferenza sul clima di Glasgow ha ribadito la necessità di investire. Oltre all’impegno degli Stati nel rispettare gli obblighi presi nel versare per intero i fondi per il clima (i famosi 100 miliardi di dollari all’anno, cifra mai raggiunta da quando è stata stabilita alla COP15) è interessante osservare ciò che è accaduto con il settore privato. Riunite sotto il nome di Glasgow Financial Alliance for Net Zero (GFANZ), 450 fra banche e società di servizi finanziari globali hanno dichiarato di voler mettere a disposizione 130 trilioni di dollari per far partire la Transizione ecologica e centrare gli obiettivi stabiliti nell’accordo di Parigi.
L’impegno economico, spalmato in 30 anni (fino al 2050) è così ripartito: 57 trilioni di dollari proverrà da asset, 63 trilioni di dollari da banche, mentre 10 da fondi pensione.
Una decisione fondamentale perché senza l’apporto del settore privato è impossibile immaginare un reale cambiamento. Ne avevamo già parlato un anno fa, citando il caso di BlackRock e la sua volontà di includere la sostenibilità fra i criteri d’investimento. Ma gli esempi in questa direzione, dal 2019 in poi, si sono fortunatamente moltiplicati. E i dati di andamento lo confermano: nei primi sei mesi del 2021 si è arrivati alla cifra record di 174 miliardi di dollari di investimento in energia pulita, ovvero +1,8% su 12 mesi (Bloomberg). Non solo. Alla fine di quest’anno le rinnovabili saranno la singola voce di investimento più importante nel comparto energy con 367 miliardi di dollari, cioè il 70% del totale messo nella nuova capacità di generazione elettrica (IEA, World Energy Investment).
Se è vero che le risorse economiche attualmente impiegate non sono sufficienti a garantire una Transizione piena e che esse dovranno almeno triplicarsi da qui al 2030 per essere in linea con il nuovo scenario Net-zero 2050, è ugualmente vero che il momento è – in certa misura – propizio.
L’entrata in vigore della Tassonomia o classificazione delle attività sostenibili porterà a un profondo cambiamento non solo in seno all’Unione europea, ma anche in relazione con il resto del mondo. Essa sarà in grado di dirigere le scelte degli investitori, ponendosi come una vera e propria linea di demarcazione fra quelle iniziative che potranno ottenere finanziamenti perché conformi a criteri “green” e quelle che, invece, ne rimarranno escluse perché non lo sono. Anche in questo caso la strategia adottata punta sul coinvolgimento del capitale privato.
In Italia, il ciclo espansivo che tutti speriamo vivere si alimenta anche con le risorse del cosiddetto PNRR e gli specifici contributi allo sviluppo di energie rinnovabili. 23,7 miliardi di euro sono, infatti, una dotazione economica considerevole che non va sprecata se si vuole dare l’avvio alla “rivoluzione verde” di cui tanto si parla, con il 72% dell’elettricità proveniente da FER entro il 2030.
Tuttavia, le tante risorse, qui da noi, devono fare i conti con i lunghi e farraginosi meccanismi burocratici (non è casuale che in Italia vi fosse un Ministero dedicato alla semplificazione…), spesso i veri e propri ostacoli a un pieno dispiego delle energie rinnovabili sul territorio. Le aste quasi deserte ne sono testimonianze inequivocabili visto che fra maggio e giugno sono stati assegnati rispettivamente il 12% e il 5% dell’offerta di MW disponibili. Con gli 800 MW installati ogni anno nel nostro Paese siamo davvero troppo distanti dall’obiettivo dei 7.000 all’anno per i prossimi 9 anni.
L’esperienza del gruppo Audax Renovables di cui Audax Renewables fa parte è, in questo senso, significativa. Si tratta di una realtà internazionale che ha iniziato questo percorso molti anni fa, quando ancora pochi ci credevano. Lo ha fatto puntando su sistemi finanziari innovativi come i PPA o attraverso l’emissione di obbligazioni “verdi” ha promosso la diffusione delle energie rinnovabili. Oggi il Gruppo investe direttamente in parchi eolici e fotovoltaici gestendo un portafoglio di progetti di generazione in esercizio di 91 MW in parchi eolici in Spagna, Francia e Polonia e 55 MWp fotovoltaici in Spagna. Inoltre, ha 66 MW di energia eolica in costruzione a Panama e 21 MWp in progetti fotovoltaici, più un totale di 87 MW in costruzione, e ha un portafoglio fotovoltaico di 2.291 MWp in diverse fasi di sviluppo fra Spagna, Portogallo e Italia. Ricordiamo che è stata da poco ottenuta l’autorizzazione all’entrata in esercizio di impianti fotovoltaici dalla potenza complessiva di 20 MWp (La Zarzuela I, II, III e IV), situati nella regione spagnola della Castiglia-La Mancia.
In conclusione, possiamo dire che lo snellimento degli iter burocratici è fondamentale se si vuole progredire. Ugualmente senza risorse economiche è difficile cambiare la situazione. Oggi i finanziamenti dell’Europa sotto forma di PNRR e la Tassonomia verde possono dare un importante impulso agli investimenti. Resta tuttavia l’iniziativa privata il fattore determinante per rendere concreto il cambiamento, come mostra con chiarezza la storia del nostro Gruppo.