LE RINNOVABILI. SOLUZIONE E NON CAUSA DEL CARO BOLLETTA
Di Francesco CALABRETTA
Cluster Leader Italy and Hungary Audax Renewables
+30% o, addirittura, +40% secondo il ministro Cingolani. Queste le stime dell’aumento delle bollette energetiche dal prossimo 1 ottobre. Arrivate alla fine di un’estate in cui tutti noi abbiamo tentato un cauto ritorno alla vita normalizzata, queste percentuali da capogiro preoccupano famiglie, imprese e, in generale, un Paese che nel secondo trimestre di questo 2021, ha visto la sua economia crescere mediamente di più dell’area euro (anche di Francia e Germania).
Il Governo – è cosa di questi giorni – è intervenuto d’urgenza. Lo stanziamento da 3 miliardi di euro è pensato per mitigare gli effetti sulle tasche degli italiani, partendo dalle fasce economicamente più deboli. Com’è noto si tratta del secondo provvedimento in pochi mesi, dopo l’istituzione di un fondo da 1,2 miliardi di euro stabilito a giugno.
In breve, dovrebbe trattarsi di una sorta di scudo di tre mesi contro l’aumento di luce e gas per circa 3 milioni di famiglie a basso reddito, per 6 milioni di microimprese e per 26 milioni di utenze domestiche fino a 16,5 kw. Inoltre, è prevista una riduzione temporanea dell’Iva sul gas al 5% dagli attuali livelli del 22% (imprese) e 10% (famiglie).
Benché i media ne abbiano parlato con allarme solo ora, il rincaro è stato tutt’altro che evento inaspettato. È sufficiente, infatti, guardarsi indietro: dal secondo trimestre del 2020, il prezzo dell’energia elettrica è passato da 16,08 a 22,89 centesimi di euro per kilowattora, per un aumento di oltre il 40%.
Non solo. A rendere complessa la situazione ci ha pensato la perfetta e quasi contemporanea combinazione di fattori e delle loro conseguenze.
Prima fra tutte la ripresa dell’economia mondiale. Dopo la frenata delle attività produttive dovute alle ripercussioni della pandemia da Covid-19, l’odierna ripresa ha generato un sostenuto aumento della domanda di beni e, in sostanza, di materie prime, come quelle con le quali si produce l’energia: gas naturale e petrolio.
Si arriva dunque alla seconda causa. Se dalla primavera del 2020, il prezzo del greggio è salito di oltre il 200%, dal solo secondo trimestre del 2021 il gas naturale è rincarato del 30%. Per intenderci, 12 mesi fa le quotazioni internazionali del metano erano tra i 20 e i 30 euro per 1.000 chilowattora, oggi sono fra i 50 e i 60 euro. Parlando poi del prezzo del chilowattora all’ingrosso in Italia, si è passati dai 20-40 euro per 1.000 chilowattora ai 140 euro odierni.
Benché nel nostro Paese, la salita del prezzo del gas naturale abbia impattato più che in altre nazioni (da noi il 40% circa dell’energia elettrica è prodotta dal metano), il caro-bolletta è comune ad altre realtà come Regno Unito, Francia, Spagna e Germania. La situazione non sempre distesa con Mosca – da cui gli approvvigionamenti passano in buona parte – ha ulteriormente penalizzato il Vecchio Continente.
All’aumento del prezzo del gas sui mercati si lega anche quello del cosiddetto ETS o Emission Trade System, il sistema internazionale di scambio dei permessi per emettere anidride carbonica. Le aziende “comprano” dalle autorità europee la possibilità di inquinare e i permessi possono essere scambiati e ceduti se una company inquina meno del previsto. Ora, per limitare ulteriormente le emissioni, il loro numero è stato ridotto e aumentato il prezzo fino alla cifra di 56 euro per tonnellata di CO2 prodotta. Un aumento che – va da sé – ha pesato soprattutto sulle imprese che più inquinano, tra le quali vi sono quelle che generano energia da fonti fossili.
Inoltre, alla situazione congiunturale globale si somma quella strutturale del nostro Paese. Ne è un chiaro esempio quella variegata schiera di voci accessorie che, pur avendo poco o nulla a che vedere con l’energia in sé, contribuisce a dare forma alla cifra che noi tutti paghiamo in fattura. Dal canone RAI ai costi per lo smantellamento delle strutture legate al nucleare italiano fino a giungere ai noti incentivi sulle rinnovabili. Ma non solo. Vi sono tasse e accise nazionali e regionali e costi di trasporto. In termini percentuali, di questa ipotetica torta, la fetta “materia energia” (cioè quello che effettivamente si consuma) incide per il 60% circa, mentre il restante 40% è suddiviso fra trasporto e gestione del contatore (17,5%), imposte (12,6%), oneri di sistema (10,7%). Una fetta decisamente sostanziosa.
Figura 1. Composizione percentuale del prezzo dell’energia elettrica per un consumatore domestico tipo (settembre 2021)
Fonte ARERA
A tal proposito, in questi giorni e da diverse parti si è indicato nelle rinnovabili (e nel loro incentivo), uno fra i possibili responsabili del caro-bolletta. Ma è davvero così? Più che una riflessione approfondita, appare come valutazione superficiale e miope, soprattutto perché in questioni strategiche per l’avvenire – quali l’energia – si continua a preferire un fugace beneficio oggi che un duraturo benessere domani.
Piuttosto, la situazione odierna è frutto anche del mancato o ancora ritardato sviluppo delle fonti green. Al punto in cui siamo, la Transizione energetica è tutt’altro che un’opzione: è l’unica strada che si deve perseguire se vogliamo mantenere condizioni di vita accettabili sul Pianeta.
In audizione al Senato sul tema dei rincari, il direttore Sviluppo e Dispacciamento di Terna Francesco Del Pizzo ha auspicato proprio una maggiore penetrazione delle rinnovabili. Infatti “se da una parte perseguono l’obiettivo di decarbonizzazione, dall’altra ci permetteranno di avere una minore dipendenza dalle commodity e una maggiore capacità di essere resilienti rispetto a tali stress”. Ciò significa: più fonti rinnovabili e accumuli, meno energia prodotta con tecnologie alimentate a gas, che sappiamo essere legate a condizioni poco stabili (come fattori geopolitici o il prezzo delle quote di CO2).
Quindi, affrontata l’emergenza rincari, è forse giunto il momento per guardare la questione bolletta in una prospettiva più ampia, che ne contempli una profonda revisione sul piano della composizione. L’ARERA – l’autorità preposta – è favorevole a questo restyling o se si preferisce redistribuzione delle voci, magari con alcune di esse spostate dalla bolletta alla fiscalità generale.
Una scelta necessaria ma non facile perché a ogni decisione va immaginato l’effetto a lungo termine che può generare e, dunque la sostenibilità economica della stessa.
In tutto questo una certezza. Un futuro sostenibile sta solo nell’unione virtuosa tra un’offerta energetica a prezzi contenuti proveniente da fonti pulite. E noi di Audax Renewables – come dice già il nostro nome – ci crediamo.